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Genitori e Figli

Adolescenza: come sopravvivere ai figli

Dott.ssa Silvia Gatti
Pedagogista

  • Autore articolo Di Silvia Gatti
  • Data dell'articolo 16 Marzo 2022
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Arrabbiati, scontrosi, svogliati, chiusi nella propria stanza, sempre attaccati ai loro smartphone: gli adolescenti. Mentre i genitori diventano matti per capire come comportarsi di fronte ai loro sbalzi di umore, le difficoltà di concentrazione, l’irritabilità, il non rispetto delle regole, i ragazzi attraversano la loro terra di mezzo: un po’ bambini, un po’ adulti.
Cosa succede in questa fase? Succede che i ragazzi stanno affrontando un cambiamento radicale: fisico, caratteriale, evolutivo. E in tutto questo cambiare sono pervasi da tante emozioni che vanno accolte imparando a trovare una nuova modalità comunicativa per uscirne tutti illesi, genitori e figli.

Genitori che non sanno più cosa fare: errori da evitare

Durante il periodo dell’adolescenza cambiano i figli ma cambia anche il modo di essere genitore. Non è così semplice e lineare passare dal vedere il nostro bambino fare i primi passi mentre ci riempie di baci e coccole e trovarsi, quasi senza rendercene conto, davanti alla sua crescita esplosiva. Anche il genitore attraversa una nuova fase – lo si dice troppo poco – e si deve equipaggiare per adattarsi ad una nuova realtà. L’ emotività dei ragazzi in questo step evolutivo è amplificata. Talvolta, dall’alto del nostro essere adulti, tendiamo a dimenticarci di quando abbiamo attraversato momenti di confusione, ansia, frustrazione, momenti in cui non siamo riusciti a fare quello che ci è stato richiesto, anche da qualcuno di importante per noi (no, non sto parlando solo di quando eravamo ragazzi, parlo della nostra adultità). E nel dimenticarci che anche noi siamo più di qualche volta spaesati e incapaci di far fronte alle nostre emozioni, presi dalla rabbia, o dal non farcela, cadiamo nella trappola delle paternali: “Non si può parlare con te, non è importante l’aspetto fisico, smettila di passare ore in bagno che le cose serie sono altre; non ti abbattere per quella/o lì che ti ha lasciato, tanto l’amore non è adesso, queste sono solo storielle – adesso devi dedicarti alla scuola – basta con quel telefono che i tuoi amici possono anche fare a meno di te, è più importante che studi perché devi costruire il tuo futuro, non perdere tempo con tutte quelle chat..”. Ci scappano frasi simili, vero? E’ umano. Ma servono? Alle volte ci si sente genitori davvero stanchi perché abbiamo la sensazione che qualsiasi cosa diciamo, facciamo, tra il concedere e il dare le regole, nulla funzioni. Sentiamo di aver dato tutto, proprio tutto, e di non ricevere nemmeno il giusto rispetto.
Ma è proprio vero che abbiamo sempre fatto tutto per bene?

Non capiamo come mai i nostri ragazzi non abbiano quella spinta reattiva che a noi sembra tanto facile da attuare, che noi alla loro età avevamo. Quel mordente che ti fa reagire di fronte alle cose difficili. Difficili per chi? Perché se facciamo un sano esame di coscienza: noi il mordente per reagire lo abbiamo proprio sempre?

In realtà c’è qualcosa che ancora non abbiamo fatto o non abbiamo fatto nel modo più efficace e bisogna scoprire cos’è. Abbiamo fino adesso fornito i giusti stimoli affinché nostro figlio, anno dopo anno, si sia potuto costruire il senso di autoefficacia che porta verso la presa di responsabilità che meglio modula i picchi ormonali e emotivi dell’adolescenza? Se non lo abbiamo fatto, non è tutto perso. Ma dobbiamo smettere di colpevolizzare loro su tutto, proprio tutto, e cercare di capire cosa possiamo fare noi per aiutarli a mettersi al centro del proprio progetto di vita. Fino a prova contraria, gli adulti siamo ancora noi. E se non sappiamo come fare, ci sono i giusti specialisti che possono darci qualche dritta a venire fuori da qualcosa che possiamo gestire. Pedagogisti e psicologi opportunamente formati. Formati a comprendere, guidare, andare oltre all’apparenza.

Come mai restiamo attoniti di fronte a quell’ansia o quelle reazioni aggressive o di chiusura che loro esprimono? E’ davvero così esagerato quello che ci mostrano o ci ricordiamo un momento buio della nostra vita in cui anche se poteva sembrare facile dall’esterno noi non ce l’abbiamo fatta e punto?

La scuola è importante, che sia necessario creare le basi per il proprio futuro, che le regole siano imprescindibili, che il rispetto per i genitori sia fondamentale, è senz’altro vero.
Al pari della scuola le emozioni sono importanti, perchè quelle trascurate, non viste, non trasformate portano ad essere adulti in difficoltà che non se la sanno cavare nel mondo del lavoro, delle relazioni e delle responsabilità. E siamo tutti d’accordo su un punto: l’obiettivo di un genitore è condurre il proprio figlia/o ad essere in grado di fare tutto ciò. Possibilmente con gioia e soddisfazione.

Detto questo sminuire quello che oggi (ebbene sì, l’adolescenza non è per sempre, davvero, lo prometto!) è fondamentale per i nostri figli non è la via che li convincerà a studiare di più, a fare più cose in casa, a combinare meno guai, a dire meno bugie. Anzi.

Per noi possono essere cose poco importanti quelle che ci mostrano, alcuni loro atteggiamenti, ci fanno infuriare perché non si organizzano, chiedono, si ritirano e poi piangono se non raggiungono i risultati. Le loro reazioni, a volte le consideriamo futili e addirittura sbagliate in alcuni frangenti, in particolare il loro modo di risponderci, non ci piace più, ma, se non accogliamo tutto questo e rispondiamo noi con aggressività ed esasperazione come facciamo a guidarli a trasformare tutto ciò che potrebbe essere migliorato?

Tra discussioni, regole e accoglienza: come uscirne illesi. Tutti compresi

Accogliere significa far capire ai nostri figli che sappiamo che stanno vivendo un periodo che assomiglia tanto alle montagne russe. Che ci sono giorni in cui l’entusiasmo è quasi incontenibile e giorni o ore in cui è depressione, paura, tristezza, senso di solitudine e di non sentirsi compresi. Glielo diciamo mai? Glielo comunichiamo che lo sappiamo questo o siamo intenti solo a correggere i loro errori e mancanze parlando solo e sempre – perennemente- di scuola, voti, disordine. Dobbiamo farlo! E’ importantissimo dire che sappiamo cosa sta succedendo, che non deve essere facile per loro e che noi stiamo cercando la modalità migliore per comunicare, che ci siamo e che anche nell’errore siamo fermi sul trovare il modo per fare loro del bene. Non basta dirlo. Bisogna farlo. Bisogna contenere e lasciare liberi. Bisogna far sentire a ragazzi che quella parte ancora bambina è tutelata e che la parte che vuole evolvere verso l’adultità ha spazio, patto dopo patto. I patti sono importantissimi. Patti, non ricatti morali “se tu studi io di do 50 euro per uscire”. Questa è tutt’altra cosa.

E quando nonostante i buoni intenti si esplode e si urla dicendo cose fuori luogo o, peggio, facendo volare qualche schiaffo? Come ci dobbiamo comportare? Semplicemente ci si accorge, si spiega cosa non siamo riusciti a trattenere e perché e si chiede scusa del comportamento ma non del principio. Si spiega che anche noi siamo in difficoltà e che abbiamo forse sbagliato i modi ma non la volontà giusta di dare regole e insegnamenti. Mai tornare sui no. Se è un no sensato e giusto si dice e si porta avanti.
Non esiste miglior modo di insegnare ai nostri figli che la rabbia esiste ma che può essere trasformata rispetto a quello di accorgersi della propria e mostrare loro che siamo in grado di fare diversamente.
Se prima non accogliamo non possiamo guidare-verso. Non ha senso punire e dare divieti se prima non abbiamo fatto capire ai nostri ragazzi che noi non li consideriamo esagerati, sciocchi, ingestibili, privi di senso.

Spesso, nel mezzo dei conflitti, può succedere di utilizzare frasi pesanti proprio perché distrutti dalla situazione, dal non ascolto, dal non rispetto che percepiamo.

Chi non è mai esploso con frasi sprezzanti nei confronti dei propri figli preso dalla rabbia e dalla delusione? Qualcuno avrà detto al proprio figlio qualcosa di questo genere: “Sei una nullità, sai solo startene al telefono, non farai mai niente dalla vita, non ti impegni mai, certo che se non studi come farai a farcela, non fai altro che portare a casa brutti voti, fallirai, adesso se non fai quello che dico io ti tolgo tutto così poi vediamo, ti metto in riga io, altro che uscire con gli amici, tu adesso te ne stai in camera tutti i giorni fino a che non recuperi tutto. Noi ti diamo tutto, troppo, e tu guarda come ci ringrazi!“.

Pensiamoci: se non sappiamo contenerci noi adulti, se non riusciamo a contenere noi la rabbia e la frustrazione nel non essere ascoltati e passiamo alle minacce e allo svilire, come possiamo pretendere che loro ci rispondano con toni pacati?

Sono loro che sono altezzosi e irrispettosi oppure c’è un modo di comunicare diverso che può far sì che si spieghino senza attaccarci?

I ragazzi stanno attraversando una fase in cui devono allontanarsi dal genitore per formare la propria individualità. Per farlo alle volte è necessario lo scontro. Ma è necessario anche il nostro di scontro?
Se faccio quello che dice mia mamma o mio papà allora sono come lei/lui. Io invece sono io e ho le mie idee e voglio portarle avanti.
Ecco qui il nodo più complesso. Magari l’adolescente riconosce anche le buone intenzioni genitoriali ma ha dentro di sé una forza più grande che lo spinge: evolversi e distaccarsi. Soprattutto distaccarsi dal genitore. Essere qualcuno di diverso da lui.

Ok, ma allora come faccio io genitore a fargli capire che lo comprendo ma la stanza va pulita, la scuola va presa con serietà, le uscite vanno bene ma non a oltranza?

Intanto, mi duole dirlo, ma chi presto inizia è a metà dell’opera. Se fin da piccoli abbiamo abituato i nostri figli a crescere attraversando la frustrazione e facendo prendere loro le responsabilità consone ad ogni età, contenendoli a sufficienza da farli sentire al sicuro e lasciandoli esplorare e conoscere il mondo facendo “da soli” senza sostituirci a loro in ogni dove, allora sarà sicuramente un po’ meno difficile approcciarci a loro adolescenti. Perchè certe regole saranno automatiche e non serviranno quelle liti furibonde per pretendere che delle cose siano fatte.
I ragazzi abituati sin da bambini a ricevere tutto, a fare tutto, ad essere sempre difesi e scusati, sostituiti nei loro compiti e poco ascoltati nelle loro emozioni, diventeranno adolescenti che difficilmente riescono a contenere quello che provano perchè non sono abituati a confrontarsi con frustrazione, rabbia, tristezza, spaesamento. E quanto ai doveri: se un bimbo che crescendo è abituato a farsi fare tutto da noi adulti, come potrà magicamente a 14 anni capire che deve occuparsi della propria stanza, mettere i panni nel cesto e aiutare in casa? Questi sono concetti che vanno introdotti nel tempo.
Il sistemare casa non deve mai essere un favore alla mamma che poverina è stanca perchè lavora e in più si occupa di tutti. Occuparsi ognuno del proprio pezzo deve diventare routine man mano che il bambino cresce perchè solo così sarà naturale a 14 anni occuparsi di quel che occorre. E tutti partecipano: tutti vivono in casa, tutti partecipano alla cura della casa. Nessuno fa qualcosa per l’altro in casa. Lo fa perchè si fa. Lo fa per se stesso. Perchè la casa è di tutti e va curata proprio come ci si lava i denti e si fa la doccia.
Ma se qualcosa è andato storto nella prima fase della crescita è perchè siamo umani e non è certo tutto perduto.

Di che cosa parlo con mio figlio?

Se la risposta è “non parlo perché non si può parlare con lui” allora dobbiamo cambiare strategia. E sì. Purtroppo dobbiamo fare questa fatica: interessarci alle loro qualità e, soprattutto, ai loro pensieri.

Siamo spesso così disperati nell’atto di litigarci per far si che quel 4 diventi un 6 o che la camera non diventi un porcile che perdiamo di vista chi sta diventando nostro figlio. Cosa gli piace? Cosa pensa di quello che accade nel mondo? Che riflessioni fa su quello che accade nella sua famiglia? Legge? Cosa legge? Come mai è stato attratto proprio da quel libro? E la musica? Perché proprio quella? Cosa pensa sull’amicizia? Come si immagina tra 10 anni? Dove, con chi, a fare cosa?
Invece di ricordargli ogni santo giorno che la scuola è importante perché solo così può costruirsi un futuro proviamo a chiedergli dove si vede in quel futuro, cosa lo spaventa del suo avvenire, che cosa nel lavoro che andrà a fare è importante per lui.
Quand’è stata l’ultima volta che avete fatto due risate con vostro figlio? Non bisogna fare gli amici, gli amici li hanno. Ma non possiamo nemmeno fare i genitori dalle mille regole senza però offrire le nostre orecchie e il nostro sguardo.

Facile per gli altri, i figli ai genitori non dicono nulla, si chiudono in stanza e basta.
E se invece imparassimo a comunicare con loro in modo diverso? Non ci diranno mai tutto. Ed è anche giusto così. Ma ci relazioneremmo meglio con loro. Ci sarebbero delle chiacchiere distese di tanto in tanto nelle quali scoprire cose davvero interessanti sul loro essere. E quanto vale lo sguardo sorpreso e orgoglioso di un genitore mentre scopre qualcosa di bello di suo figlio? Ha un valore inestimabile perché solo così i ragazzi sapranno che i genitori sono il porto sicuro, che loro valgono come persone perché è valsa la pena ascoltarli. E se mi ascoltano i miei genitori allora posso essere capace di farmi ascoltare anche dagli altri, e se sono piaciuto così come sono ai miei genitori allora posso farcela a piacermi io.

Ci sono tante strategie da mettere in atto per migliorare la comunicazione e creare un ambiente più confortevole. Partendo da queste riflessioni possiamo iniziare a cambiare qualcosa sperimentando nuovi modi di porci. Provare non costa nulla. A patto di farlo davvero con tutto l’impegno. Lo stesso che chiediamo a loro.

  • Tag adolescenza, ansia, comunicazione efficace, conflitti, dialogo, essere genitori, farsi ascoltare, genitori e stress, scuola

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