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Genitori e Figli

Bambini mai contenti: insegnare la gratitudine

Dott.ssa Silvia Gatti
Pedagogista

Quante volte abbiamo avuto l’impressione che i nostri bambini, in mezzo a tanto, non siano soddisfatti di niente? Con amarezza ci siamo ripetuti quel luogo comune un po’ antipatico che risuona così: con niente noi eravamo più felici.
Cosa è successo? Come mai anche di fronte a una semplice merenda, spesso, la reazione è di non riconoscenza, come se non fosse mai abbastanza?
“Non la voglio, non mi piace, quello no, ma non hai comprato le altre patatine, io volevo le altre!”. Non ci sono forse dei momenti in cui pur esponendo l’intero bottino delle merendine di tutto il supermercato, riceviamo solo questi rifiuti? E non succede solo in questo frangente, vero? Il regalo non è mai abbastanza bello, le proposte di gioco non sufficientemente appaganti, e così via. E come ci sentiamo noi quando accade? E’ un po’ come se vigesse l’insoddisfazione anche nei bambini più socievoli, allegri e generalmente collaboranti.
Eppure ci si dovrebbe sentire fortunati ad avere così tante possibilità. No?

Desiderare, stupirsi, accorgersi, riconoscere: gratitudine.

La gratitudine è un valore che ogni bambino dovrebbe sviluppare per riuscire a riconoscere ciò che gli altri fanno per lui.
Un bambino grato è meno egoista, è predisposto alla relazione col l’altro, proiettato verso lo sviluppo di emozioni positive e supera più facilmente gli eventi stressanti.
Per essere grati di quello che abbiamo innanzitutto bisogna provare desiderio. Se le cose arrivano in gran quantità e tutte insieme non c’è modo di provare questa sensazione. Figuriamoci provare gratitudine!!!
Non voglio essere drastica ma se non ci si può permettere di comprare del cibo, un semplice panino diventa manna dal cielo!!!!
Mi ricordo ancora quando, dopo giorni di digiuno forzato per un intervento chirurgico, mi è stata portata una mela cotta per pranzo. Mai mangiato nulla di più gustoso. Le mie papille gustative danzavano all’impazzata e mi sembrava di essere la persona più fortunata del mondo. Giuro: ogni volta che mi cucino la mela cotta, sento ancora quella sensazione a modi caramella frizzy che mi pervade!

Ora, mi rendo ovviamente conto che non possiamo tenere a digiuno i nostri bambini sei giorni di fila per fargli apprezzare pane burro e marmellata!! Ma fare un po’ meno, in certi casi, premia. Vi assicuro.

I più piccoli (e spesso anche i più grandi!!!) hanno la necessità di capire che se abbiamo qualcosa, ottenuto con più o meno sforzi, o anche per semplice casualità e dono, non si tratta di “norma” o ancor peggio, dovere dei più grandi garantire sempre di più all’infinito, ma che è sempre un po’ un privilegio. Avere genitori premurosi, nonni accudenti, zii amorosi, amici, vestiti da indossare, cibo in varietà, la possibilità di fare uno sport, andare in vacanza, uscire a cena qualche volta e ricevere dei regali non è scontato e non tutti posseggono questa fortuna. Per cui ogni cosa va riconosciuta e condivisa quando possibile.

Come facciamo a farlo capire ai nostri piccoli?

  • Esempio
  • Attenzione
  • Dialogo
  • Gioco

Perché insegnare il senso di gratitudine

Intanto perché, come ho accennato poco fa, bambini che sperimentano questo valore sono più propensi alla socializzazione e sviluppando buone emozioni attraversano più facilmente frustrazione e stress. E, cosa importantissima, oggi noi abbiamo di fronte dei bambini ma ci dimentichiamo spesso che questi bambini saranno adolescenti e poi adulti.
Che tipo di adulti vorremmo che fossero i nostri figli e nipoti?
Credo che vorremmo fossero persone felici, responsabili, attive nel cercare il proprio personale modo di raggiungere i propri obiettivi, e riconoscenti verso quello che loro stessi hanno ottenuto ma anche nei confronti di ciò che hanno avuto dagli altri. Mi sbaglio?
Di solito si parla in pedagogia e in educazione di come gestire le emozioni difficili: rabbia, frustrazione, oppositività, tristezza. Ed i famosissimi capricci. E’ importante, certo. Un bambino triste deve essere aiutato. Un bambino arrabbiato deve essere accompagnato a trasformare la rabbia in energia costruttiva. Un comportamento che appare come un capriccio deve essere accolto e vanno dati gli strumenti per andare oltre la frustrazione. Ok.

E tutte le belle emozioni? Passano via così? Mio figli0/a ride, ok, tutto a posto?! Tutto qui?

Tanta attenzione alle parti buie e si bypassano le belle sensazioni. Si bypassa addirittura il momento in cui dovrebbe essere naturale sentirsi felici, tanto si è abituati ad altro!
La verità è che non basta vivere le buone emozioni nel momento in cui accadono. Occorre renderci conto che le viviamo. Ci servono! Ci serve capire come abbiamo fatto ad ottenerle per replicarle. Altrimenti come si fa? Si aspetta sempre che dall’esterno qualcosa ci rallegri, ci faciliti, ci faccia sorridere, ci risolve i problemi?

Insegnare la gratitudine permette al bambino (e all’adulto) di muovere atti creativi che lo mettono al centro del suo sviluppo verso l’autonomia. Educhiamoci ed educhiamoli dunque alle belle emozioni e ad esserne grati.
In un’intera giornata ci sono sicuramente accadute cose piacevoli, anche inaspettate, che ci hanno fatto sentire pieni e ricchi. Siamo meccanicamente più orientati verso ciò che c’è di negativo e stressante perché immersi in ritmi e dinamiche di pensiero che ci portano a farlo ma possiamo apprendere nuove modalità di approcciarci al mondo e a quello che potremmo mettere in campo di noi stessi.
Cominciamo col dire che se l’adulto vuole insegnare la gratitudine al proprio bambino, deve imparare per primo ad accorgersi (la mia parola preferita, oramai è più che chiaro!) per primo, di ciò che di bello possiede e sperimenta. Successivamente potrà, tanto per iniziare, giocare con il proprio figlio/a per insegnargli a fare lo stesso.

Il gioco dei 3 racconti felici

Allora funziona così: ogni momento con il proprio bimbo può diventare momento di “educazione alla gratitudine”. Anche un semplicissimo gioco racchiude in sé moltissimo se fatto con trasporto e consapevolezza, e una certa costanza.
Vi suggerisco qui le linee principali. Poi fatelo vostro!

1.Creare il luogo, lo spazio e il tempo per giocare. Durante un momento tranquillo, ad esempio mentre si gioca a qualcosa di manuale con il proprio bambino o si cucina con il suo aiuto, proporre gioiosamente, con semplicità, una facile domanda, e da qui avrà inizio il gioco.
Dimmi tre cose che oggi ti hanno fatto ridere e essere contento“.

2.Partecipare attivamente. Naturalmente il gioco non è a senso unico, dovrete essere parte attiva: fate a turno. In questo modo potrete essere esempio e guida. Il ritmo di alternanza creerà un bel dialogo divertente e una sorta di gara che motiverà vostra/o figlio a mettersi in gioco. Chiaramente bisognerà rendere i propri 3 racconti felici a portata di bambino.

Leggendo queste righe avrete sicuramente pensato che raccontare ben 3 cose che vi hanno fatto sorridere sia arduo.
Rifletti: quali sono le tre cose che oggi ti hanno fatto arrabbiare, appesantire, essere triste e preoccupato? Sono certa che sei arrivata/o a 10 in meno di un minuto!!!
Adesso forza: pensa a tre cose che oggi ti hanno fatto sorridere, ridere, gioire, provare benessere. Meno immediato, vero?
Questo perché occorre abituare i nostri meccanismi mentali a nuove dinamiche di pensiero. Tutto qui.
Anche il vostro/a bambino non è abituato a questa modalità di osservare e tradurre le proprie esperienze. Per fortuna tutto si impara. Prima tu, poi lei/lui. Tu sei la guida.
Quindi: aiutare sempre con degli esempi semplici alla sua portata per portarlo sulla strada giusta se tentenna e tenere vivo l’interesse.
Possono essere di aiuto domande come: c’è stato un tuo compagno che ha fatto qualcosa di divertente? Oppure la maestra ha detto una frase che ti è piaciuta? La nonna ti ha fatto fare un nuovo gioco di cui mi vuoi parlare? Si tratta di aiutare ad attivare il ricordo. Ma è vietato sostituirlo nel racconto. L’obiettivo è che sia il vostro/a bambino a esprimere quello che ha vissuto.
Per il resto… allenamento con il sorriso!

3.Coinvolgimento e dialogo attivo. Ascoltare con passione e restituire il nostro pensiero.
“E’ un racconto molto interessante/profondo/gioioso quello che mi hai fatto. Senti, e com’è questa sensazione di gioia che hai provato? Dove la sentivi nel tuo corpo? Se dovesse essere un colore quale sarebbe per te? Che forma ha?
In questo modo il bambino si sentirà accolto e motivato a proseguire e darà maggiore concretezza e consapevolezza a ciò che prova e imparerà a riconoscere le emozioni quando le sperimenterà nuovamente.

4.Accompagnare il bambino, una volta che ha riconosciuto le emozioni e le ha sentite sue, a provare la sensazione di essere fortunato e grato tramite il nostro esempio.
“Adesso tocca alla mamma/papà: oggi ho pensato che sono fortunato/a perché ho dei genitori, i tuoi nonni, che si prendono cura con amore di te dopo la scuola. Si chiama gratitudine. Io sono grato ai nonni. E tu? Allora appena li vediamo glielo diciamo, che ne dici?”.

5.A fine gioco preparatelo ad accorgersi delle emozioni in futuro: “Allora domani stiamo attenti alle cose belle che ci succedono, così poi ce le raccontiamo, ok?”.
In questo modo darete modo al bambino di prestare attenzione a ciò che gli accade, in modo particolare alle cose piacevoli che solitamente bypassano.
Questo “gioco” sarà la base per creare un ottimo dialogo con vostra/o figlio, vi darà l’opportunità di avvicinarvi, di essere una guida e di insegnargli ad aggiungere un nuovo punto vista che lo aiuterà nella propria crescita. Inoltre vi sarete presi il tempo per consolidare il rapporto genitore-figlio. Prendersi questo tempo genera benessere a grandi e piccini. Ogni volta che vorrete prendervi questo tempo privilegiato creerete sempre più occasioni per far interiorizzare a vostra/o figlio figlio la capacità di provare un valore importante ed edificante: la gratitudine. Una bella routine, non necessariamente quotidiana, da sviluppare.

  • Un bambino che si accorge e riconosce le emozioni felici e la sensazione di essere fortunato impara a provare gratitudine.
  • Un bambino che riconosce le buone emozioni desidera provarle ancora. Attiverà quindi delle strategie per raggiungere ciò che desidera. Muove la sua creatività, l’ingegno.
  • Un bambino che riconosce quello di cui abbiamo parlato diventa un adolescente e poi un adulto che si prende la responsabilità di ottenere con le proprie capacità ciò che lo fa stare bene, invece di aspettare sempre che le opzioni arrivino dall’esterno, per di più criticandole senza accontentarsi mai.

Allora: quali sono le tre cose che oggi vi hanno reso felici?
Aspetto curiosa i motivi che vi hanno fatto sorridere!!!!