Bambini disperati davanti ai compiti in previsione dell’interrogazione? Pianti, fogli strappati, braccia incrociate e testa china, “non ce la farò mai a fare tutto per domani, non prenderò mai un bel voto” e stress generale di tutti?
L’ansia da prestazione è un sentimento di apprensione che insorge in quelle situazioni in cui ci si sente giudicati e valutati.
L’ansia d’esame, nello specifico, è una condizione psicologica in cui la persona prova estremo stress e ansia nelle situazioni in cui deve essere esaminata o interrogata.
L’ansia da esame è a tutti gli effetti un tipo di ansia da prestazione. E’ una condizione comune a tutte le età: bambini e adulti. Le persone che la vivono possono diventare talmente ansiose da compromettere l’apprendimento e da non riuscire effettivamente a fare del loro meglio. Con la conseguente conferma di non farcela che mina il senso di auto-efficacia e di autostima e crea un circolo vizioso che è bene interrompere fin da bambini.
Come aiutare un bambino che di fronte al compito scolastico, sportivo, alla prestazione in genere, diventa iper agitato, si blocca, piange, e soprattutto pensa di non farcela?
DUE TIPOLOGIE DI RISPOSTE DA EVITARE
Il genitore ha chiaramente un ruolo primario nell’aiutare il proprio figlio ad affrontare questo genere di ansia e frustrazione, e più entrerà in contatto con la vera matrice del problema, comprendendone le dinamiche, più facilmente potrà scegliere quali risposte evitare, promuovendo reazioni maggiormente accoglienti, efficaci, e rassicuranti.
- Uno degli atteggiamenti più ricorrenti, che ha l’effetto di esasperare la situazione, nonostante si tratti di un tentativo in buona fede di abbassare la tensione al propria/o figlia/o, è quello di sminuire-banalizzare il percepito ed il vissuto del bambino con frasi come: “ma non è niente, basta studiare di più; non ti devi agitare per queste cose; ci sono cose peggiori per cui farsi venire l’ansia, non certo per una verifica; vedrai che andrà bene; non è importante: se riesci bene, se non riesci non fa niente; io alla tua età non studiavo neanche, pensavo solo a giocare, poi a scuola come andava andava, non c’è bisogno di piangere per la scuola”.
- L’altra risposta che generalmente viene data al bambino iper ansioso è quella maggiormente direttiva e impositiva: “Basta con quest’ansia! Devi fare di più; se tu studi di più vedrai che risponderai a tutte le domande, certo che se perdi tempo a piangere prenderai sicuramente un brutto voto: mettiti a studiare subito!”
Nel momento in cui un bambino piange perché non si sente all’altezza di condurre una certa prestazione, utilizzare frasi simili a quelle elencate equivale a sminuire il suo sentire. Banalizzando la situazione per cercare di smorzarla o facendo paragoni su come gli altri ce la fanno equivale ad una disconferma. Il bambino si sentirà non compreso, inferiore e frustrato perché è di fronte a qualcosa che lo fa stare male e cerca già, a suo modo, di reagire. Se arriva al pianto e al blocco è perché ha bisogno di qualche strumento da mettere in campo, non certo perché esagera. Il disagio è reale e alle volte paralizzante.
Con gli adolescenti sarà ancora peggio: non sentendosi accolti, compresi ma anzi banalizzati, tenderanno ancor più alla chiusura ed alla ribellione.
Allora cosa fare?
COME AGIRE DI FRONTE ALL’ESPLOSIONE EMOTIVA DEL BAMBINO
Nell’immediato, di fronte al pianto ed alla crisi d’ansia del bambino, sia che si manifesti come esplosione di rabbia, sia che siate di fronte ad un blocco e/o un ritiro emotivo, alcuni passi possono essere di grande aiuto per contenere la situazione e andare oltre.
1. Accogliere la crisi.
Più di mille parole, seppur dette con tutta la buona fede del mondo, è meglio un silenzio presente. Iniziamo a essere-con il bambino.
2. Permettere lo sfogo e legittimarlo.
La cosa importante è mantenere un tono pacato e sicuro. Se voi siete calmi guiderete vostra/o figlio con maggiore facilità. Attenzione alle espressioni del volto: devono essere anch’esse rassicuranti. E congruenti con quello che direte.
Qualche esempio: “Vieni qui (abbraccio, gesto affettuoso di accoglimento), immagino che in questo momento tu ti senta molto preoccupato e arrabbiato. E’ così?
Dove senti questa brutta sensazione che ti sta facendo piangere/arrabbiare/agitare? Nello stomaco, dove, fammi vedere? Facciamo un gioco: se avesse un colore di che colore sarebbe? E se fosse un animale? Giocate un po’ insieme a vostro figlio sull’immagine dell’animale che ha scelto, fatelo raccontare, ridete insieme a lui, e noterete che la crisi diminuirà.
Dare un’immagine a un’emozione e trasformarla dà al nostro cervello l’informazione che ce ne stiamo occupando e che può mutare.
Con i bambini la via del gioco è sempre vincente ma ricordatevi di non banalizzare.
3. Accompagnare il bambino/a a tornare sul compito.
Il bambino avrà ora preso contatto con la sua emozione e si sarà sentito accolto, quindi si percepirà più sicuro per poter procedere.
Senza troppe spiegazioni sul come fare o non fare l’esercizio o come porsi durante la verifica del giorno dopo, e con una voce calma e sicura, fate insieme il compito senza sostituirvi e rinforzatelo ad ogni risultato raggiunto così: ottimo lavoro!
Il bambino deve sentire di aver acquisito una capacità. Questo costruirà il senso di auto-efficacia necessario per procedere.
Dirgli bravo viene spontaneo ma ha la scomoda conseguenza di far credere al bambino di essere bravo solo se raggiunge buoni risultati, esacerbando maggiormente la sua ansia da esame.
La mente fa brutti scherzi e si creano convinzioni limitanti: “Se faccio bene i compiti, se prendo un bel voto, allora e solo così sono un bravo bambino che ha valore”.
Chiaramente questi sono piccoli suggerimenti per placare l’espressione massima della sofferenza del bambino. Per risolvere l’ansia da prestazione bisogna lavorare su più fronti, soprattutto in ottica preventiva, e non solo nel momento stesso in cui vi è l’esplosione emotiva.
LINEE GUIDA PER UN APPROCCIO A 360 GRADI: PREVENIRE L’ANSIA DA PRESTAZIONE

1. Insegnare a tollerare frustrazione sin da piccoli
Sin da quando i bambini sono molto piccoli devono essere accompagnati ad entrare dentro alla frustrazione di fronte al no. E’ bene iniziare presto. Non occorre diventare autoritari o impositivi ma nemmeno cadere in quel permissivismo che non permette al bambino di conoscere l’espressione delle proprie emozioni.
I no devono essere consapevoli, contestualizzati, sensati e la cosa importante è non ritrattare.
2. Aiutare il bambino a porre obiettivi realistici
Obiettivi realistici per i bambini, non per noi. E’ necessario riconoscere obiettivamente le aree in cui i nostri figli riescono maggiormente, quelle in cui hanno bisogno di un certo aiuto e motivazione e quelle che non fanno per loro, almeno in quel determinato momento.
Va spiegato ai bambini che non è necessario eccellere in tutto: c’è chi è portato per lo studio, chi per le attività manuali, chi per lo sport, la musica, l’arte e così via. Ci sono fatiche che nel dato momento possono sembrare insormontabili ma che crescendo e aggiungendo strategie possono essere superate brillantemente.
Una cosa che non si riesce a fare adesso o che non siamo riusciti a fare in passato può tranquillamente essere affrontata più avanti con nuovi apprendimenti.
E molto utile, in questo senso, preparare i bambini sin da piccoli con giochi-attività, sempre alla loro portata, proponendo una certa varietà ma senza eccedere nelle richieste: pretendere più di quello che il bambino può dare ad una data età crea ansia da prestazione.
Ogni bambino ha un suo tempo. Va rispettato. Motivato sì ma non spinto troppo.
Di sicuro l’impegno è necessario per raggiungere gli obiettivi per cui è fondamentale non sostituirsi al bambino, semmai accompagnarlo nell’apprendimento di un nuovo compito.
Lo stesso vale per l’eccesso di permissivismo: se eccediamo facendo fare tutto indistintamente senza un contenimento sin nei primi anni di vita, il bambino crescerà con l’idea che tutto si prende e si lascia senza la responsabilità portare a termine un compito e di mettersi di fronte agli step necessari per raggiungere un obiettivo.
Il bambino deve essere libero di sperimentare con l’occhio vigile di mamma e papà che non devono mai frenare ma accompagnare e contenere quando e se è necessario.
3. Evitare paragoni e confronti.
I paragoni possono creare disistima in sé e negli altri. E’ bene evitare il confronto sia con chi raggiunge facilmente il compito che nostro figlio sta cercando di affrontare con difficoltà, sia sminuire i compagni che di fronte alla stessa performance prendono brutti voti e non se ne preoccupano.
E’ preferibile ragionare con il proprio figlio/a, chiaramente con un linguaggio adatto all’età su quali qualità e strumenti ha una persona che raggiunge un determinato obiettivo e su come sviluppare quelle risorse e amplificare quelle già presenti.
4. Affidare compiti e responsabilità compatibili con l’età.
A ogni età compiti e responsabilità adatti. A partire dai piccoli compiti casalinghi che solitamente si evitano di affidare ai bambini pensando che siano troppo piccoli, sino a tutte quelle competenze come allacciarsi le scarpe, vestirsi in autonomia, lavarsi i denti. Ogni bambino deve evolvere e quindi acquisire le competenze attraverso l’esperienza diretta. Questo sviluppa il suo senso di auto-efficacia, il senso di responsabilità, la capacità di portare a termine un compito in autonomia.
Perché non basta dirgli bravo quando ha portato a termine un compito? Intanto perché come abbiamo detto prima non deve passare il messaggio che i bambini sono bravi solo se fanno bene delle cose.
E poi perché un bambino per sviluppare le proprie competenze deve diventare consapevole delle strategie che utilizza per raggiungere il risultato.
Importante: quando osservate che riesce a raggiungere un obiettivo chiedetegli come ha fatto. Cos’hai pensato mentre lo facevi? Come ti sentivi mentre lo facevi?
Quando avrà una crisi potrete ricordargli quell’episodio in cui ce l’ha fatta.
5. Promuovere l’accettazione del fallimento per trasformarlo in trampolino di lancio per nuovi apprendimenti.
E quando nostra/o figlio non ce la fa?
Semplicemente essere i primi ad accettare che nostra/o figlio sbaglia e non è e non sarà perfetto e ammettere l’errore, normalizzando l’evento.
E’ cosi’ che succede: le prime volte che si fanno le cose bisogna imparare, con l’allenamento si riesce a migliorare. Ma anche nel tempo, tutti gli esseri umani sbagliano ed è dagli errori che si impara a raddrizzare il tiro, scoprendo nuove capacità.. Questo è il messaggio che deve passare: se si sbaglia si sbaglia. Per cui evitare difese inutili che non fanno cogliere al bambino la presa di responsabilità e andare oltre senza colpevolizzare il bambino o chi sta intorno ad esso.
Non è sempre degli altri.
Se il bambino viene abituato ad attribuire le responsabilità dei propri errori al di fuori di se stesso non diventerà mai artefice del proprio futuro.